di Antonio Manco e Silvia Saracino
Allievi Master in “Tourism & Travel Evolution” a.a.2019/2020
“…prigionieri eterni invidiosi delle mosche e degli uccelli”, scriveva Victor Hugo ne “I Miserabili”, e in un certo senso – con tutte le dovute proporzioni – è questo il sentimento comune delle ultime settimane.
Prigioniero è il corpo, a causa (giustissima) del Decreto Coronavirus “Io resto a casa” dell’11 Marzo 2020; a spiccare il volo invece è la mente, a guardare avanti, a pensare, a cercare di comprendere se in tutta questa storia possa intravedersi qualche aspetto positivo, qualche insegnamento. Il settore turistico, pilastro importante e per molte regioni trainante dell’economia, è in crisi profonda: in questi mesi in cui solitamente si iniziano a vedere i frutti di una programmazione avviata tanto tempo prima, oggi si vede solo il caos, il buio totale.
Eppure, senza scomodare lo stupefacente discorso di Einstein sulla crisi e sulle capacità dell’uomo di superarla, sembrerebbero visibili alcuni aspetti positivi o almeno alcuni insegnamenti che lambiscono il nostro essere umano e, in modo più o meno diretto, il settore turistico. Ci siamo riappropriati di un valore che ormai sembrava disperso nei meandri dell’era digitale, nella cultura del tutto e subito, nei tempi presenti in cui è possibile ordinare un pacco online proveniente dall’altra parte del mondo, e riceverlo nel giro di pochi giorni, o in cui viaggiare fino al polo opposto risulta facile e veloce.
Siamo iperconnessi. Per ogni problema o bisogno – vero o fittizio – ecco lì sempre pronta la soluzione perfetta servita su un piatto d’argento. Siamo bombardati di informazioni – anche queste vere o fittizie – dalla mattina alla sera, tramite canali che non utilizzano l’interrupting advertising, ma si insinuano nella nostra vita in ogni istante, persino quando cerchiamo semplicemente di svagare la mente e aprire un social network per rilassarci un momento.
In quest’epoca delle Vite di Corsa (per citare Bauman), ci siamo riappropriati dunque del valore fondamentale che assumono la lentezza e il tempo. E a noi facenti parte del mondo del turismo, tutto ciò sembra un’eco di un’informazione remota, proveniente da prospettive che sembrano lontane nel tempo ma soprattutto nell’immaginario – data la situazione odierna – su quelli che sarebbero stati i trend del Nuovo Viaggiatore 2020 secondo booking.com.
Il nostro nuovo viaggiatore globale si sarebbe dimostrato sempre più interessato alle mete sconosciute, alla ricerca dell’autentico e dell’unicità dell’esperienza, senza tralasciare il piacere dovuto alla vista del paesaggio, soprattutto tramite trasporto lento. Si sarebbe preoccupato di stabilire con la Destinazione futura un certo tipo di rapporto tramite l’internet e il digitale, per captarne quante più informazioni possibili, a partire da un’analisi dettagliata delle recensioni riguardanti la meta che egli avrebbe scelto, per finire con la pianificazione vera e propria del suo viaggio. Queste sarebbero state le caratteristiche del Nuovo Viaggiatore 2020, le quali sembrano coincidere quasi alla perfezione con quelle – idealizzate – del cittadino costretto a restare a casa, a rivalorizzare sia il tempo presente, dove giorno per giorno si preoccupa di mantenere la mente occupata per cercare di non implodere in un turbinio di sentimenti ed emozioni negative, ma anche e soprattutto il tempo futuro, in cui si proietta domandandosi come potrà sfruttarlo al meglio.
In un momento di necessità, ci siamo approcciati allo smart-working, questo sconosciuto. L’idea è sensazionale – laddove compresa in maniera totale – non tanto perché permette di lavorare da remoto, quanto perché alla base vi è l’idea di lavorare per obiettivi, di valutare le capacità del lavoratore non in base alle ore che lo stesso passa in ufficio, ma per i risultati che egli raggiunge, indipendentemente da quanto tempo ci impieghi. Tutto ciò fa pensare all’assunzione di questo modus operandi anche al di là della singola situazione d’emergenza, perché renderebbe i dipendenti molto più produttivi. Qual è il risultato, dunque, in un’ottica del tutto turistica? Il risultato positivo sono i nomadi digitali: uno stuolo di manager e dipendenti che lavorano da remoto e vogliono impiegare il loro tempo lavorando, perché ciò gli permette di vivere, ma allo stesso tempo non vogliono vivere solo per lavorare. Si tratta di una nuova tipologia di lavoratori nata negli Stati Uniti, che rappresentano anche potenziali customers per l’industria del turismo, in quanto hanno la tendenza di sfuggire dalla quotidianità e dal caos delle grandi città, e ricercano dei luoghi “tranquilli” in cui essere efficienti tramite lavoro di smart-working, ma anche in cui godere del Territorio straniero dove essi si trovano a contatto con le culture che lo caratterizzano. Preparare delle attività ricettive con un livello strutturale alto (comodità della camera, postazioni di lavoro attrezzate, ottima connessione internet) potrebbe dunque rappresentare la possibilità di intercettare un nuovo segmento di mercato, tenendo conto che spesso e volentieri trattasi di soggetti che rappresentano in qualche modo la figura del turista slow.
Concentrandosi sul rapporto uomo-digital, curiosa è la diffusione di tantissime iniziative che hanno invaso i nostri social, a partire dal mondo degli artisti – perché, non dimentichiamolo, il nostro è il Paese dell’Arte:
con la campagna #iorestoacasa, il messaggio che si vuole trasmettere è anche quello di rientrare in contatto con il nostro Io più profondo, di vivere questi giorni (che saranno molto probabilmente più di quelli previsti) in stretta relazione con la cultura e con l’arte. L’invito è quello di riprendere in mano il libro da sempre lasciato a metà per mancanza di tempo, di sedersi a tavola con la famiglia, di ritrovare insomma il valore dell’autentico, e dargli importanza. Anche il tema del viaggio però non manca: gli italiani sentono la mancanza della possibilità di prenotare la loro meta estiva, come sono soliti fare in questo periodo dell’anno, e molti utenti social hanno lanciato la già diffusissima campagna #torneremoaviaggiare. Se dunque non possiamo esser certi che alla fine di questa pandemia verranno riaperte le porte al turismo internazionale, possiamo invece senza dubbio contare sul turismo interno, perché gli italiani già fremono al pensiero di poter evadere dalla quotidianità e monotonia che ha caratterizzato e caratterizzerà ancora questo periodo di “reclusione”.
Se guardiamo all’Italia come primo Paese europeo ad aver sviluppato la diffusione del virus Covid-19 (e dunque idealmente anche come primo Paese europeo a uscirne), ci rendiamo conto di quanta pubblicità al
“Paese più bello del mondo” sia già presente sui social, seppur dovuta a cause tutt’altro che felici, ma anche di quanto sentimento patriottico si sia sviluppato nelle menti e nelle anime di tutti gli italiani – sentimento senza dubbio rafforzato alla vista di ragazzi cinesi che davanti alla telecamera urlano “Forza Italia!”, o ancor di più grazie alla diffusione di video condivisi sui social, che mostrano le bellezze materiali del nostro Paese in un momento in cui le strade sono vuote, i negozi sono chiusi, il sistema turistico è fermo, e soprattutto non è presente nelle piazze quell’ondata di calore umano e contatto fisico che fortemente ci contraddistingue agli occhi del mondo intero.
Che si possa imparare da tutti, anche dal nemico, è cosa ormai risaputa. Oggi il nostro nemico è invisibile: si libra nell’aria tranquillo, e per sconfiggerlo bisogna che ognuno applichi alla lettera il suddetto tormentone #iorestoacasa, e che ci si faccia coraggio a vicenda pensando al #restiamouniti e al fatto che #andràtuttobene. Sono in tanti ad ammettere di essere spaventati, di sentire la mancanza dello stare insieme, ma anche tanti ad aver riscoperto il piacere di restare a casa, anche e soprattutto perché si possono “fare cose deliziose” – come recita il motto di WeareinPuglia. Si possono riscoprire tradizioni e piaceri (sembra che quelli enogastronomici vadano per la maggiore) che fanno parte del nostro patrimonio culturale – patrimonio sul quale la promozione del Territorio dovrebbe basarsi per non sconfessare le proprie origini, ma ancor più per non costruire qualcosa di fittizio, che è destinato a non durare nel tempo.
L’autenticità di cui parlano i trend sopra menzionati, non si può pensare di offrirla solo nell’ambito del posto fisico in cui il turista alloggia: dovrebbe essere offerta, senza macchinazioni di sorta, dall’intera comunità, e per far questo occorre che la comunità stessa sia a sua volta consapevole della propria identità. Si può dire che gli italiani questa autenticità la stiano riscoprendo giorno per giorno proprio in questo periodo, percependo un sempre più forte senso di orgoglio e una vera e propria presa di coscienza generale di quello che è il carattere identitario della nostra cultura, fattore fondamentale da cui partire per una giusta promozione territoriale. Gli enti di promozione, le DMO e di contro le DMS, dovrebbero tutte partire da questo presupposto: prevedere il coinvolgimento della comunità locale a mezzo della trasmissione delle conoscenze, delle tradizioni, del patrimonio culturale materiale e immateriale, e non semplicemente un investimento per riuscire a fare “cose deliziose”.
Ancora una volta, dunque, il Bel Paese si è dimostrato unito in un momento di difficoltà: svolazzano nell’aria alle 18:00 in punto i grandi classici della canzone italiana: si canta e ci si sente meno soli. “La lontananza, sai, è come il vento: ti fa dimenticare chi non t’ama…”, cantava Modugno. Sembravamo così distanti, in un mondo che siede a tavola con lo smartphone più che con i propri familiari o colleghi, stabilendo una connessione esclusivamente social e non più umana. Eppure, oggi, sembra tutto il contrario: c’è la voglia di stare insieme, che in economia si direbbe fare sistema, ed il settore turistico non sfugge a questa regola ancora non propriamente compresa. L’unione rappresenta un elemento fondamentale per la buona promozione, per il raggiungimento di obiettivi più elevati e per la sopravvivenza anche dei singoli. I periodi di crisi possono essere meglio superati qualora si riesca a fare sistema giungendo ad una suddivisione di introiti, di rischi e anche di costi. Sembra così arrivato il momento di dimostrare finalmente, nel settore
turistico e non, l’esistenza di un’Italia unita, che stringe a sé tutte le sue bellezze, e tutto ciò che possiede.
Certamente avremmo preferito impararle in altro modo queste lezioni, averli da altra fonte questi spunti. Certamente, nel momento attuale soprattutto, è l’interesse alla salute ad essere il primario: qualsivoglia pensiero sull’economia, sul turismo o su altro è rimandato a un momento futuro, quando l’intero mondo, momentaneamente in una fase di stand-by generale, pian piano tornerà a respirare e a muovere i suoi primi passi. Per ora, il mondo del turismo e soprattutto i viaggiatori italiani possono dedicarsi a prendere piena coscienza del Territorio e delle sue specialità, interamente da Nord a Sud, per essere sempre più consapevoli e preparati a promuoversi al meglio, perché si sa, soltanto conoscendo profondamente se
stessi si può essere davvero apprezzati anche dall’esterno.